Come cambia il marketing nell'era dei social network

I consumatori sono diventati partecipanti. Daina Middleton, Head of Global Business Marketing per Twitter, spiega come e quali opportunità ci sono da cogliere per chi fa televisione.

“La guerra è finita, ora è tempo di dedicarsi al giardinaggio”. Per Daina Middleton, Head of Global Business Marketing per Twitter, è ormai giunta l’ora di mettere da parte le metafore belliche che impiegano termini come “target” o “guerrilla”, figlie di una filosofia della vendita risalente agli anni ’80 del secolo scorso. È tempo di adottare un linguaggio nuovo, capace di descrivere i nuovi modi in cui brand e consumatori si legano l’uno all’altro.

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Daina Middleton, Head of Global Business Marketing per Twitter (Foto: Twitter)[/caption]

Incontrata a Roma a margine del Festival of Global Media 2015, dove è intervenuta per parlare di tv e innovazione, la Middleton spiega che, "al giorno d’oggi, se davvero vuoi che le persone stabiliscano un relazione forte e duratura con il brand, devi ispirarle e invogliarle a partecipare costruendo con loro una relazione duratura. Qualcosa di molto diverso dall’infettarli con un virus, altra metafora cara al marketing con la quale non mi sono mai trovata a mio agio".

Meglio quindi la metafora del giardinaggio…

"Si, mi sembra molto più appropriata. Instaurare una relazione con gli utenti oggi significa piantare un seme, creare un ecosistema del quale anche i tuoi i utenti vogliano fare parte. E poi ancora coltivare ciò che hai seminato, portare acqua quando serve, fertilizzarlo, seguirne costantemente l’evoluzione. Sostenerlo, ma senza cercare di controllarlo, e questo perché non puoi, perché sei in una relazione paritaria con tutti coloro che ne fanno parte. Se condividono qualcosa è perché ci credono, la vogliono, ha un senso per loro. E dobbiamo smettere anche di chiamarli consumatori. Il termine giusto è partecipanti".

Perché?

"Perché consumatori è un termine del vecchio marketing e rappresenta un modo di intendere la relazione tra brand e persone che è sorpassata. Meglio usare una parola diversa per ricordare ogni volta, soprattutto a noi venditori, che il mondo è cambiato".

Tv e innovazione: cosa c’è da sapere per chi fa marketing?

"L’avvento dei social sta rivoluzionando la televisione in modo radicale perché consente di fare cose del tutto nuove: per esempio, tramite l’ascolto, è possibile ottenere insight su ciò che interessa al pubblico prima ancora di fare alcunché per coinvolgerlo, orientando l’approccio. Quando poi si passa all’engagement, si impara da ciò che si fa in tempo reale, e si raccolgono informazioni preziose per strutturare le strategia successive".

Che tipo di informazioni?

"Ad esempio che gli utenti si comportano diversamente a seconda del genere di programma che si sta guardando. Prendiamo il genere drammatico: a differenza di quanto accade con altre categorie come lo sport o gli eventi live, caratterizzate da un andamento imprevedibile, quando si tratta di “drama” il modo di interagire del pubblico si rivela piuttosto coerente e costante nel tempo".

Un esempio?

"Certo: analizzando l’andamento delle interazioni su Twitter relative alla messa in onda di un film come Titanic, si scopre che il tipo di interazione che genera rimane sostanzialmente la stessa, con gli stessi picchi negli stessi momenti, indipendentemente da quando e dove venga trasmesso. Informazioni preziose per ogni addetto al marketing che voglia pianificare azioni di engagement con il relativo pubblico".

Un’opportunità notevole. Ma i network televisivi sono in grado di coglierla?

"Sì, anche perché sono obbligati. Il mondo è cambiato al punto che negli USA siamo passati dai 4 canali degli anni ’50 e ’60 al milione e più di canali disponibili oggi grazie al digital. In questo contesto, frammentato e dinamico, sono i nuovi player che spingono i vecchi a cambiare ed evolversi per restare rilevanti. Basta guardare ad Amazon, che fa cose come gestire la programmazione basandosi anche su ciò di cui le persone parlano sui social. Un cambiamento talmente radicale da spingere i vecchi network a ripensare daccapo il proprio business".

Tra i diversi social, qual è il valore aggiunto specifico che Twitter offre a chi fa televisione?

"Per fare un paio di esempi, la prima differenza consiste nel fatto che noi siamo il network dove meglio è possibile trovare e seguire ciò che accade adesso, in tempo reale. Altra cosa importante è che la nostra è una piattaforma orizzontale: ogni attore, regista, e quasi chiunque sia nell’industria ha un account su Twitter, che è un social dove tutti possono relazionarsi con tutti e sono allo stesso livello. Dove puoi connetterti con chiunque ovunque sia, nel momento esatto che le cose stanno accadendo. Una metafora del mondo in cui viviamo e un sistema aperto a quella partecipazione che ormai le persone esigono. Insomma, se sei nel marketing, Twitter è il posto dove vuoi essere, dove hai l’opportunità di moltiplicare ogni tua azione".

C’è tuttavia chi ancora teme l’uso del “secondo schermo” di fronte alla tv perché distrae, specie dall’advertising.

"Il tema è che ora non ci sono due schermi, ma ce ne sono quattro: la tv, lo smartphone, il tablet e il PC. Le persone guardano mediamente 43 minuti di tv al giorno, e nel mentre il 77% di loro guarda uno o più schermi. Sappiamo anche che ognuno di questi viene usato in maniera leggermente differente – lo smartphone per esempio è preferito per le reazioni immediate – e in momenti diversi. E sappiamo che ci sono ulteriori differenze a seconda dei mercati, visto che in alcuni di essi semplicemente gli utenti non hanno tablet e PC, ma solo smartphone".

Questo vuol dire che i tv network non hanno scampo?

"No. Tutto questo è per dire che le domande giuste da farsi sono altre: serve chiedersi che azioni vogliamo che i nostri utenti compiano usando quali strumenti; e una volta trovate delle risposte, il passo successivo è domandarsi come fare per creare un’esperienza che porti loro valore".